Onorevoli Colleghi! - Le profonde trasformazioni avvenute nell'ultimo decennio nell'ambito dell'industria, della tecnologia e del mercato radiotelevisivo, hanno prodotto una serie di conseguenze nel settore dello sport tali da rendere necessario un intervento del legislatore statale.
      In Italia la situazione è ancora più complicata rispetto ad altri Paesi europei, per due ordini di motivi. Il primo è la grande popolarità del fenomeno calcistico, un fenomeno non solo «praticato», per il gran numero di atleti, di tutte le età, in tutte le regioni, che si dedicano con passione a questa disciplina, ma soprattutto un fenomeno «visto, letto e parlato», che occupa una parte assolutamente preponderante, di gran lunga superiore a quella riservata a tutte le altre discipline sportive, nei giornali, nelle radio, nei palinsesti di tutte le emittenti, pubbliche e private, in chiaro o a pagamento.
      L'altro motivo è di carattere legislativo: l'esistenza in Italia di una disposizione di legge, l'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, che, operando un radicale cambiamento di rotta rispetto al sistema precedente che prevedeva la negoziazione collettiva dei diritti di trasmissione televisiva, stabilisce la contrattazione soggettiva.
      A ciò occorre aggiungere un ulteriore fattore che ha contribuito ad esasperare ancor di più la prevalenza degli aspetti economici e commerciali rispetto ai valori prettamente sportivi: l'introduzione del fine di lucro per le società sportive professionistiche, attraverso una modifica introdotta alla legge 23 marzo 1981, n. 91, dal decreto-legge 20 settembre 1996,

 

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n. 485, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 1996, n. 586.
      Fermo restando il diritto esclusivo delle società di calcio professionistiche di sfruttare in qualsiasi forma l'evento sportivo che esse organizzano e di cui si assumono la responsabilità, la presente proposta di legge prevede che la commercializzazione dei diritti di trasmissione - in qualsiasi forma e attraverso qualsiasi strumento che ne consenta la ricezione audiovisiva - avvenga in forma centralizzata, sotto il controllo dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, da parte della Lega nazionale professionisti quale mandataria delle singole società sportive titolari dei suddetti diritti (cosiddetta licenza in forma centralizzata, analogamente a quanto previsto per l'UEFA in relazione alla Champions League, con l'autorizzazione della Commissione europea).
      Nel rispetto dei diritti delle società sportive professionistiche e dell'autonomia dell'ordinamento sportivo, i criteri di ripartizione dei proventi derivanti dalle attività di commercializzazione poste in essere dalla Lega nazionale professionisti sono determinati dalla stessa Lega, ma nel rispetto di alcuni criteri che, lungi dallo scendere nel dettaglio delle modalità di trattazione e di ripartizione (il che sarebbe in contrasto con il diritto dei singoli e con l'autonomia dello sport), sono finalizzati a ristabilire l'equità e la maggiore competitività tra le società sportive partecipanti ai campionati di calcio di Serie A e B e alla Coppa Italia, tenendo però conto dei bacini di utenza e della valenza sportiva dei singoli club e della necessità, per le squadre italiane, di reggere la concorrenza a livello internazionale.
      Conseguentemente si prevede l'abrogazione dell'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, a decorrere dalla stagione sportiva 2010/2011, in ragione della necessità di rispettare i contratti attualmente in essere.
      Il provvedimento è composto da otto articoli.

1. La titolarità dei diritti (articolo 1).

      L'articolo affronta il tema della titolarità dei diritti connessi all'evento sportivo, attribuendoli ai soggetti (società sportive) responsabili dell'organizzazione dell'evento e che economicamente supportano il rischio imprenditoriale dell'attività sportiva svolta.
       Al riguardo è significativo il riferimento a precedenti giurisprudenziali ed amministrativi che sono univoci nel loro dettato.
      Ad esempio nel provvedimento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) n. 70340 del 1999, al paragrafo 139 (Bollettino n. 26 del 1999), si legge: «La giurisprudenza di legittimità e di merito italiana appare univoca [...] nell'individuare nella società organizzatrice il soggetto titolare del diritto di sfruttamento economico dell'evento sportivo. Non appare infatti possibile attribuire la titolarità dei diritti economici connessi alle manifestazioni sportive a soggetti diversi dalla società che giuridicamente ha la disponibilità del luogo chiuso ove viene svolta la partita e che economicamente sopporta il rischio imprenditoriale dell'attività sportiva dalla stessa intrapresa, ovvero l'organizzatore dell'evento. Tale soggetto, nell'ambito del settore del calcio, viene tradizionalmente identificato con la squadra ospitante».
      Questi princìpi corrispondono ad una consolidata prassi contrattuale, tenendo conto che sino al 1999 i diritti televisivi sono stati negoziati dalla Lega nazionale professionisti quale mandataria delle singole società sportive titolari dei suddetti diritti (paragrafo 145 del succitato provvedimento AGCOM).
      In effetti, i diritti televisivi sono stati commercializzati dalla Lega nazionale professionisti dagli anni '50 e fino al 1999, quale mandataria delle singole società sportive, come, in esito ad approfondita indagine, ha accertato l'AGCOM (si veda al riguardo il medesimo paragrafo 145 del citato provvedimento).

 

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      Ad ulteriore conforto delle considerazioni che precedono, si consideri che le responsabilità derivanti dall'organizzazione di una gara si riverberano in via esclusiva sulla società organizzatrice, che di tali responsabilità risponde sia sotto il profilo civilistico, sia sotto il profilo delle sanzioni sportive (in forza della cosiddetta e ben nota responsabilità oggettiva).
      Per quanto attiene al panorama internazionale e più specificatamente europeo, si rileva che la disponibilità dei diritti in questione fa capo alle società sportive e costituisce il presupposto giuridico che ispira, fra l'altro, anche la decisione della Commissione del 23 luglio 2003 (decisione 2003/778/CE), pur essendo essa costruita su presupposti di fatto del tutto difformi da quelli oggetto della presente proposta di legge.
      In effetti, il format creato ex novo dall'UEFA in relazione alla Champions League può in qualche misura giustificare la tesi, espressa nella decisione citata, della contitolarità del diritto di disporre dei diritti televisivi; ciò, però, non trova riscontro nell'ambito nazionale, attesa la natura di format a maglie larghe del campionato italiano. A riprova di quanto fin qui esposto, si aggiunga che, prima dell'ideazione della Champions League, come oggi essa è configurata, le singole società sportive licenziavano i diritti delle loro gare casalinghe, fatta eccezione per la finale, a titolo esclusivamente individuale, così come tuttora avviene per la Coppa UEFA.
      È anche indicativo sottolineare, in brevissima sintesi, i sistemi adottati dalle Leghe professionistiche dei principali Paesi europei.
      In Spagna i diritti in esame fanno capo ai singoli club; nel sistema tedesco, pur non essendo esplicitato il profilo relativo alla titolarità dei diritti, va rilevato che la DFB (cioè la Federazione tedesca) prevede che i club le conferiscano mandato alla commercializzazione dei diritti televisivi, ciò che per implicito comporta l'identificazione della loro titolarità in capo ai club; nel sistema francese i club sono proprietari dei diritti, che vengono per legge commercializzati collettivamente dalle Leghe; nel sistema inglese i diritti sono di proprietà dei club, pur essendo negoziati collettivamente, sulla base di un mandato esclusivo, dalla English Premier League; nel sistema olandese, infine, l'Alta Corte di Amsterdam ha affermato che la titolarità originaria dei diritti televisivi in materia calcistica spetta per ogni singola partita al club che gioca in casa (sentenza dell'Alta Corte di Amsterdam dell'8 novembre 1996).
      Per quanto attiene infine al ruolo della squadra ospitata, è evidente che si tratta di questione neutra dal punto di vista della identificazione della titolarità. Quando, infatti, una gara si disputa all'interno di un campionato, le squadre si incontreranno necessariamente due volte, all'andata e al ritorno, e ognuna sarà titolare del diritto di sfruttare l'evento sportivo che organizza.

2. Ambito di applicazione della proposta di legge.

      La proposta di legge attiene alla commercializzazione dei diritti sul piano sia nazionale sia internazionale. Riguarda peraltro la commercializzazione dei diritti dei soli campionati di Serie A e di Serie B e della Coppa Italia.

3. La licenza in forma centralizzata. Il ruolo della Lega (articoli 2-4).

      La proposta conferisce all'attuale Lega nazionale professionisti il diritto di commercializzare, separatamente per ciascuno dei campionati di Serie A e di Serie B e unitariamente per la Coppa Italia (articolo 9), i diritti specificati agli articoli 1 e 2. La soluzione della licenza in forma centralizzata, e dei conseguenti criteri di distribuzione dei ricavi tra le squadre mandanti, consente di contemperare il regime giuridico sopra delineato, relativo alla titolarità dei diritti in capo a ciascun club, con l'esigenza di attribuire adeguata rilevanza economica anche al «prodotto torneo», vale a dire al ruolo di tutti i soggetti nell'insieme della competizione sportiva. Tale forma di licenza potrebbe in effetti

 

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generare, a favore delle società mandatarie, risultati economici complessivamente più favorevoli rispetto a quelli ottenuti attraverso negoziazioni separate.
      Le procedure dovranno comunque avere tutte le caratteristiche espresse sinteticamente all'articolo 3 e, in particolare, garantire in modo effettivo la libera e piena libertà di accesso e di concorrenza fra i vari broadcasters, in modo che gli eventi sportivi siano accessibili a fasce di pubblico sempre più ampie, senza tuttavia deprimere il valore dei contenuti ceduti.
      La durata dei contratti è indicata in un triennio, conformemente alle indicazioni fornite sul tema dalle competenti authorities.

4. I criteri di distribuzione. La rilevanza europea (articolo 5).

      È rimessa alle Leghe professionistiche la determinazione dei criteri di ripartizione tra le singole società sportive in esito alla commercializzazione dei diritti: si tratta di pratica comune a tutti i Paesi europei nei quali ha luogo il conferimento delle licenze in forma centralizzata. Non esiste in effetti, in Europa, alcun caso nel quale i criteri siano determinati con legge dello Stato. Ed è cosa che non deve sorprendere, trattandosi di denaro privato, frutto di negoziazioni tra privati, quali sono le Leghe e le Società sportive che ne fanno parte.
      Le Leghe dovranno deliberare sulla scorta di criteri razionali, attenti ai dati del mercato e ispirati a criteri di equità.
      Si dovrà tenere conto del rispetto del principio di mutualità, che possa garantire un maggior equilibrio competitivo tra le società partecipanti ai campionati.
      I paramentri-base dovranno essere determinati attraverso l'identificazione del bacino di utenza e dei risultati sportivi delle singole squadre.
      Il concetto di bacino di utenza deve essere determinato sia tenendo conto del valore per così dire storico attribuito dai broadcasters alle singole società sportive.
      I risultati sportivi dovranno essere determinati con riguardo ad un ampio periodo di tempo e tradotti in «coefficienti», che terranno conto sia dei titoli conseguiti, sia dei piazzamenti delle singole società sportive nei campionati.
      Dovrà inoltre tenersi in considerazione la rappresentatività delle squadre italiane in sede europea e, dunque, la necessità per queste ultime di reggere la concorrenza di club di Paesi enormemente favoriti rispetto ai club italiani da legislazioni fiscali di gran lunga più leggere, che da qualche tempo consentono loro di trovarsi in prima fila nel tesseramento dei calciatori migliori. Si tratta, in altre parole, di mantenere vivo l'equilibrio competitivo nell'ambito delle Coppe europee.
      Sono previste anche misure dirette all'incentivazione dei vivai delle squadre partecipanti ai campionati, mediante la destinazione di una ragionevole quota dei proventi derivanti dalla licenza dei diritti alla Federazione italiana giuoco calcio, che provvederà all'assegnazione delle somme secondo criteri equitativi.

5. Decorrenza della nuova disciplina (articolo 7).

      Si è inteso, con l'articolo 7, salvaguardare le scelte negoziali liberamente fatte dalle singole società sportive in un quadro di perfetta legalità, nonché dare al sistema il tempo necessario per adeguarsi alle nuove regole.

 

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